La chikungunya è caratterizzata da un’insorgenza febbrile improvvisa accompagnata da dolori articolari. Altri sintomi che si manifestano comunemente includono: dolori muscolari, mal di testa, nausea, affaticamento, ed esantema cutaneo. Il dolore alle articolazioni è spesso molto debilitante, tuttavia generalmente si protrae solo per pochi giorni, oppure per qualche settimana. Il virus pertanto può causare una malattia acuta, subacuta o cronica.
La maggior parte dei pazienti guarisce completamente, tuttavia, in alcuni casi, i dolori articolari possono persistere per diversi mesi, od anche anni. Sono stati inoltre segnalati casi occasionali di complicazioni oculari, neurologiche e cardiache, ed anche disturbi gastrointestinali. Le complicazioni gravi non sono comuni, tuttavia, nelle persone più anziane, la malattia può essere fatale. Spesso la sintomatologia è lieve e può passare inosservata, o, nelle aree in cui esiste la dengue, essere confusa con questa.
Per effettuare la diagnosi, si possono utilizzare diversi metodi. I test sierologici, quali il test ELISA, possono confermare la presenza di IgM e IgG. I livelli anticorpali di IgM sono più elevati 3-5 settimane dopo l’inizio della sintomatologia e persistono per circa 2 mesi. Si raccomanda di analizzare i campioni prelevati durante la prima settimana dopo l’insorgenza della sintomatologia utilizzando sia metodi sierologici che virologici (RT-PCR).
Il virus può essere isolato dal sangue durante i primi giorni dell’infezione. Sono disponibili diversi metodi RT-PCR, la cui sensibilità è variabile. Alcuni sono utili per la diagnosi clinica. Possono inoltre essere utilizzati per la genotipizzazione del virus, permettendo, in questo modo, la comparazione con campioni di virus provenienti da diverse aree geografiche.
La chikungunya è presente in Africa, Asia e nel subcontinente Indiano. Le infezioni umane in Africa per molti anni sono state limitate, ma negli anni 1999–2000 si è assistito ad un’epidemia di vaste dimensioni nella Repubblica Democratica del Congo, e nel 2007 è scoppiata un’epidemia in Gabon.
A partire dal febbraio 2005, si è verificata un’epidemia di grandi dimensioni nelle isole dell’Oceano Indiano, che ha causato numerosi casi importati in Europa, soprattutto nel 2006, quando l’epidemia ha raggiunto il culmine nell’Oceano Indiano. In India, un’epidemia di chikungunya di grandi dimensioni si è verificata nel 2006 e nel 2007, coinvolgendo anche numerosi altri paesi dell’Asia sud-orientale. Dal 2005 a oggi, India, Indonesia, Maldive, Myanmar e Tailandia hanno notificato oltre 1,9 milioni di casi.
Nel 2007, per la prima volta in Europa, sono stati segnalati casi autoctoni in un focolaio epidemico localizzato, in Italia, nella regione Emilia-Romagna, che ha coinvolto 197 casi. In quest’occasione è stato possibile confermare che Ae albopictus in Europa può fungere da vettore di virus chikungunya.
Nel dicembre 2013 la Francia ha segnalato due casi autoctoni confermati dal laboratorio nella parte francese dell’isola caraibica di St Martin. Da allora, la trasmissione autoctona è stata confermata in oltre 43 paesi e territori nella regione americana. Questo è stato il primo focolaio di chikungunya documentato nelle Americhe con trasmissione autoctona. A partire dall’aprile 2015, sono stati segnalati oltre 1.379.788 casi sospetti di chikungunya nelle isole caraibiche, nei paesi dell’America Latina, e negli Stati Uniti d’America. Nello stesso periodo, la malattia ha causato 191 decessi. Canada, Messico e USA hanno inoltre notificato la presenza di casi importati.
Il 21 ottobre 2014, la Francia ha confermato 4 casi autoctoni di chikungunya a Montpellier. Alla fine del 2014, focolai di chikungunya sono stati segnalati nelle isole del Pacifico. Attualmente un’epidemia di chikungunya è in corso nelle Isole Cook e nelle Isole Marshall, mentre è diminuito il numero di casi in Polinesia francese, Samoa americana, Kiribati e Samoa.
Nelle Americhe nel 2015, sono stati notificati all’ufficio regionale dell’Organizzazione Panamericana della Salute (OPS) 693.489 casi sospetti e 37.480 casi confermati di chikungunya, la maggior parte dei quali – 356.079 casi sospetti - in Colombia. Questo dato è minore rispetto a quello relativo al 2014 quando, nella stessa regione, sono stati segnalati oltre 1 milione di casi sospetti.
Nel 2016 ci sono stati complessivamente 349.936 sospetti e 146.914 casi di laboratorio confermati. I paesi che hanno riportato la maggior parte dei casi sono stati Brasile (265.000 casi sospetti), Bolivia e Colombia (rispettivamente 19.000 casi sospetti). Nel 2016 per la prima volta è stata segnalata in Argentina la trasmissione autoctona di chikungunya, dopo più di 1.000 casi sospetti. Nella regione africana, il Kenya ha riportato un focolaio di chikungunya che ha causato più di 1.700 casi sospetti.
Nel 2017 il Pakistan continua a rispondere ad un focolaio iniziato nel 2016.
Nel 2007, la regione Emilia Romagna ha notificato il primo focolaio epidemico di chikungunya in Europa.
Leggi il comunicato ministeriale n. 230 del 30 agosto 2007
Ogni anno, si registrano, inoltre, alcuni casi importati da altri paesi.
Per intensificare le attività di sorveglianza e risposta, il Ministero della Salute ha emanato la Circolare 10/07/2017 - Piano Nazionale di sorveglianza e risposta alle arbovirosi trasmesse da zanzare (Aedes sp.) con particolare riferimento ai virus Chikungunya, Dengue e Zika - 2017.
Gli obiettivi principali della sorveglianza sono:
La prossimità di siti in cui le zanzare possono riprodursi alle abitazioni umane è un fattore di rischio significativo per chikungunya, come pure per altre malattie trasmesse dagli stessi insetti vettori.
La prevenzione e il controllo si basano in gran parte sulla riduzione del numero di contenitori naturali ed artificiali contenenti acqua, che permettono la riproduzione delle zanzare. Ciò richiede la mobilizzazione delle comunità. Durante le epidemie, è inoltre possibile vaporizzare insetticidi per eliminare gli insetti adulti, applicarli sulle superfici dei contenitori – ed intorno agli stessi – dove le zanzare adulte si posano, ed utilizzarli per trattare i recipienti pieni d’acqua, per eliminare le forme larvali immature.
In caso di focolaio di chikungunya, si raccomanda di indossare abiti che coprano la maggior parte del corpo. È possibile inoltre applicare repellenti sulla pelle esposta o sugli abiti, seguendo attentamente le istruzioni riportate in etichetta. I repellenti dovrebbero essere a base di DEET, IR3535 or icaridina (picaridina). Per le persone che sono solite dormire durante le ore diurne, in particolare i bambini piccoli, gli ammalati o le persone anziane, le zanzariere trattate con insetticidi possono fornire una valida protezione contro le punture di zanzara. Gli zampironi od altri vaporizzatori di insetticida possono ridurre le punture di zanzara all’interno dell’abitazione.
Le persone che viaggiano in aree a rischio dovrebbero prendere alcune precauzioni di base come utilizzare repellenti, indossare abiti a maniche lunghe e pantaloni lunghi e soggiornare in stanze munite di schermi alle finestre e alle porte, per evitare l’entrata delle zanzare.
Sia Ae. aegypti che Ae. albopictus sono state implicate in epidemie di chikungunya di grandi dimensioni. Mentre Ae. aegypti è localizzata nelle regioni tropicali e sub-tropicali, Ae. albopictus si trova anche in regioni temperate e fredde. Negli ultimi decenni Ae. albopictus si è diffusa dall’Asia colonizzando parte dell’Africa, dell’Europa e delle Americhe.
La specie Ae. albopictus prospera in una più ampia gamma di siti in cui può riprodursi rispetto ad Ae. aegypti, come ad esempio gusci di cocco, baccelli di cacao, tronchi di bambù, cavità degli alberi e piscine naturali, oltre a contenitori artificiali come pneumatici usati e sottovasi per piante. Queste diversità nell’habitat spiegano l’abbondanza di Ae. albopictus in aree rurali e peri-urbane e nei parchi cittadini ombrosi.
Ae. aegypti è più strettamente associata con le abitazioni umane ed è solita riprodursi all’interno delle case, ad esempio nei vasi da fiori, nei serbatoi di stoccaggio dell’acqua e nei serbatoi di cemento nei bagni, ma può utilizzare anche lo stesso habitat artificiale esterno utilizzato da Ae. albopictus.
In Africa, sono state implicate nella trasmissione di chikungunya diverse alter specie di zanzare, incluso A. furcifer-taylori e A. luteocephalus. Alcuni animali, fra cui non-primati, roditori, uccelli e piccoli mammiferi, possono agire come serbatoi del virus.
Fonte: Organizzazione Mondiale della sanità Traduzione: Ministero della salute, D.G.Prevenzione sanitaria
Data di ultimo aggiornamento: 19 luglio 2016