
Con il nome di “dispositivo medico veterinario” può essere identificato:
- uno strumento
- un apparecchio
- un impianto
- un software
- sostanza (salvo quelle contemplate nell’art. 1 del decreto legislativo 193/2006)
o altro prodotto destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’animale a fini di:
- diagnosticare, prevenire, controllare, curare o attenuare di una malattia
- diagnosticare controllare, curare, attenuare o compensare una ferita o di un handicap
- studiare, sostituire o modificare dell'anatomia o un processo fisiologico
- intervenire sul concepimento
la cui azione principale voluta nel o sul corpo dell’animale non sia conseguita con mezzi farmacologici né immunologici né mediante metabolismo, ma la cui funzione possa essere assistita da questi mezzi.
Tale definizione viene ricavata sulla base della normativa in vigore per i dispositivi medici per uso umano. Attualmente, infatti, i “dispositivi medici veterinari” non sono regolamentati da una normativa specifica di settore, europea e/o nazionale, e dunque non esiste una definizione giuridica di “dispositivo medico veterinario”.
Allo stesso modo non esiste una definizione giuridica di “dispositivo medico veterinario -diagnostico in vitro” ma, anche in questo caso, in analogia con il settore umano, può essere identificato come “dispositivo medico veterinario-diagnostico in vitro”:
- un reagente
- un prodotto reattivo
- un calibratore
- un materiale di controllo
- un kit
- uno strumento
- un apparecchio
- un'attrezzatura
- un software
- un sistema
utilizzato da solo o in combinazione, destinato dal fabbricante ad essere impiegato in vitro per l'esame di campioni provenienti dal corpo dell’animale, unicamente o principalmente allo scopo di ottenere informazioni sulle condizioni fisiologiche e patologiche dell’animale. Altresì, possono essere identificati come “dispositivi medici veterinari” i contenitori destinati a ricevere campioni biologici provenienti dall’animale e a conservarli ai fini degli esami diagnostici in vitro.